Perché RICERCATI

C’è vita, prima della morte? (P. Rabhi)

 

Ora non è più un’intenzione.

E quando un’idea con le impronte digitali dello zeitgeist smette di essere un’intenzione, le montagne cominciano a muoversi.

Innanzitutto sfumano i confini della percezione di te stesso. Perché pregusti le vibrazioni sottili di una nuova metamorfosi. Diventare diventanti, diceva qualcuno (non ricordo più chi). Perché sei ancora in grado di sorprenderti per quel che sei riuscito a far succedere. Perché le cose succedono, vero Sara? E il segreto per farle succedere sta in quella parolina segreta che custodiamo laggiù da qualche parte… precondizioni… vero Enrico? Il potere del nostro primo pianto viene progressivamente dissipato dai piccoli morsi, vero Fulvio? Ma esistono persone e luoghi che te lo fanno riscoprire, togliendo sedimenti di tempo dagli scrigni del Coraggio, vero Marco? E infine, come pagliuzze di ferro, veniamo attratti da quella potente calamita che talvolta ci piace chiamare Sogno, vero Roberto?

Ognuno di noi ha la fortuna di incontrare persone come loro, nella propria vita. Ma spesso passiamo oltre. Ci limitiamo ai discorsi di superficie. Corazze di imbarazzo e armature di convenzioni ci impediscono di comunicare ciò che sentiamo. Si chiama guerra. Ma arrivi a quel momento in cui (forse anche per colpa di quel maledetto Zoom, che più di qualsiasi specchio ti sbatte in faccia i tuoi capelli bianchi) decidi di sbarazzarti di quegli arsenali difensivi e indossare la maglia numero 9. Certo… non lo facciamo tutti all’unisono. Ognuno ha i suoi tempi.

“Cosa penserà di me, se rivelo ciò che sento?” è l’epitaffio della nostra morte in vita. Sia nelle relazioni professionali che in quelle affettive. E allora, per non rischiare di apparire troppo vivi, smettiamo di rivelare ciò che sentiamo. E, per non rischiare di rivelare ciò che sentiamo, smettiamo di… sentire, amputando le nostre emozioni e ostentando l’immagine conveniente di sé. E la sai una cosa? Quasi sempre, l’immagine conveniente di te è la foto accanto a quell’epitaffio: cosa penserà di me, se rivelo ciò che sento?

Ma, per chi ha saputo nutrire il proprio cuore con relazioni disinteressate, arriva prima o poi il momento in cui quelle armature vengono definitivamente donate a un museo. Noi speleologi abbiamo la sensazione che quel momento sia più facile trovarlo nelle profondità notturne di un bosco, sotto la luna piena, dove la vita assume sembianze diverse e più generative. Soprattutto adesso, all’indomani di questa provvidenziale parentesi amniotica, dalla quale solo i più sprovveduti non sono ancora riusciti a udire i vagiti di una nuova vita.

Ecco perché la speleologia interiore.

Ecco perché dieci persone si sono affrettate a iscriversi e altre due sono in arrivo.

Ecco perché nell’arco di una settimana RICERCATI è stato richiesto in tre regioni d’Italia.

Ecco perché a tutte le persone con cui ne parliamo, si illuminano gli occhi e si apre il cuore.

Ecco perché non facciamo più programmi.

Ecco perché… le cose succedono.

 

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