Dissonanza o rimozione?

Lì 12 Giugno 1915 Austria.
Cari Genitori, io rispondo alla vostra cartolina ricevuta il giorno 12. Io vi dirò che dalla vostra ò ricevuto una lettera che cera dentro ciò che desideravo… e nel momento io non ò potuto rispondere subito perché non avevo carta. […] Vi posso dire che dopo alla lettera vi ò mandato una lettera e un biglietto vi prego di rispondere subito e se fate il piacere di mandarmi della carta e buste tutte le volte che mi scrivete e anche un pacchetino per potere scrivere anche ai parenti e un qualche compagno vi prego e vorei sapere se vi fanno pagare la multa per il bollo qui non cè bolli e né carta un qualche foglio per disgrazia, spero che avrete capito tutto ciò che vi posso dire con il mio misero scritto scrivetemi sempre anche se non vi arriva da me notizie e datemi notizie del paese della famiglia e dei lavori e interessi di voi e parenti. Termino con il salutarvi voi padre e madre e Maria Teresa e datemi notizia del fidanzato di Maria. Saluti a tutti i parenti e avrei piacere di avere lettera da Maccagnani R. e da Sandoni Mario e dalla Gilli Lea. Io non posso scrivergli perché non ò carta.
Vostro figlio aff. Giuseppe
— Lettera dal fronte di Giuseppe Marzadori, 120° Reggimento Fanteria (fonte)

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Non è che non veda… il sangue di quei bimbi e, poco prima, di quei ragazzi e, ancor prima, di intere generazioni di genitori.
Non è che non veda… la sincera fiducia di alcuni nel tentativo di defibrillare le coscienze di una uman-ità giunta al suo stadio terminale.
Non è che non veda… l’ombra minacciosa delle derive digitali sui nostri affannati residui di Tempo.
Non è che non veda… le effimere stronzate con cui tentate di sterilizzare la Paura del futuro e, soprattutto, il rimpianto per non aver issato le vele al momento opportuno.
Non è che non veda… l’imbarazzante sudditanza allo strapotere del denaro.
Non è che non veda… la miseria umana di un povero padre reso astutamente incapace di riconoscere i confini tra il dolore e l’opportunismo.
Non è che non veda… l’ambigua narrazione della dissoluzione di ogni categoria della morale nel suo opposto.
Non è che non veda… quanto sia facile accumulare dopamine e consenso (quindi, ancora: fama, denaro e potere) speculando su paura, risentimento e indignazione.
Non è che non veda… l’oscena e macabra danza di avvoltoi e sciacalli che si contendono l’inerte carcassa del Leviatano morente.
Non è che non veda… come molti di noi stiano finalmente decidendo di boicottare le varie platee di quegli ultimi teatranti a gettone.
Non è che non veda tutte queste cose. Solo… trovo molto più spettacolari e confortanti i silenziosi germogli di un kaki (non) qualsiasi.
Andrea Strozzi, profilo Facebook (fonte)

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Per dissonanza cognitiva s’intende quella sensazione scaturita da un conflitto fra idee, convinzioni, valori e atteggiamento dell’individuo; in poche parole, consiste nel sostenere due o più pensieri o idee che risultano in contraddizione tra loro, generando disagio e tensione.
In psicanalisi, la rimozione è quel meccanismo psichico inconscio che allontana dalla consapevolezza del soggetto quei contenuti considerati inaccettabili dall’Io.

Dunque, la rimozione è la “fase due” della dissonanza cognitiva, che è “fase uno”. Chiaro, no?

Tutto apparentemente molto sconfusionato? Ci sta. Poi unisco i puntini, non temete.

Da dove nascono queste citazioni e queste considerazioni? Tecnicamente, nascono dai due giretti che mi sono fatto nei boschi, ieri e oggi. Ma andiamo con ordine. E partiamo da una domanda: la minaccia della Terza Guerra Mondiale è effettiva, oppure è una perfida macchinazione su scala globale? In pochi, al di fuori dei protagonisti, saprebbero forse dare una risposta. Partiamo col dire che una convincente analisi della questione ci viene fornita in questa splendida intervista, comparsa oggi sul Fatto Quotidiano, a Stefano Cristante, ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università del Salento:

Quando si alzano i toni ci può essere una duplice finalità: minacciare seriamente azioni o reazioni, oppure un tentativo di intimidire sperando che sia sufficiente. In questo momento penso si sia ancora alla seconda opzione. Però la comunicazione è parte del linguaggio universale dei sapiens, quindi è parte anche della guerra. Un’escalation comunicativa è molto preoccupante. Le guerre minacciate sono molto più vicine alla guerra vera di una soluzione diplomatica invocata a gran voce. Ci avvicinano a qualcosa di insensato come l’accettazione della possibilità di un conflitto nucleare, un crinale pericoloso. Spero che sia frutto di un ragionamento accurato che mira a tenere in un angolo le smanie di protagonismo di Vladimir Putin […]

Dunque, ragionamento accurato o… briglie ormai sciolte (che condurranno, in tempi e modi da scoprire, alla fine del film)? Ipotizziamo che, davvero, nessuno ancora lo sappia e che i giochi abbiano ancora un margine di manovrabilità (anche se personalmente ne dubito).

Mentre i miei passi facevano scricchiolare il tappeto di foglie secche del sentiero, mi chiedevo: ma indipendentemente dal fatto che sia effettiva o studiata a tavolino, come può la minaccia della guerra lasciare tutti in uno stato di apparente indifferenza? Quali sentimenti provano davvero le persone? Quali istinti le muovono?

Perché, almeno in apparenza, tutti sembrano condurre la vita di sempre. Come se… come se, appunto… fossero tutte vittime di una dissonanza cognitiva di massa (in preda cioè a un gigantesco disagio che impedisce di mettere a fuoco la più rassicurante fra due opzioni) o, di più, fossimo in presenza di una sterminata rimozione collettiva del problema.

Oppure, siamo semplicemente così abituati a indossare maschere, da riuscire a indossarne una con disinvoltura anche questa volta? O piuttosto: siamo stati resi a tal punto incapaci di avvertire il pericolo, da riuscire a… dissimularlo? Davvero la maggior parte di noi riesce così efficacemente a essere distratta da San Remo o dalla separazione dei Ferragnez, da non riuscire più a provare emozioni per una prospettiva così terrificante?

Mi vengono in mente le canzoni urlate una manciata d’anni fa dai balconi durante il lock-down. E mi vengono in mente soprattutto i clienti dei bar, che senza batter ciglio si mettevano la mascherina se in piedi al bancone, poi la toglievano se seduti ai tavolini (sempre che fossero autorizzati a farlo).
Mi rispondo che… sì, è davvero possibile che quasi tutti oggi siano più interessati a sapere chi abbia manipolato la foto della famiglia reale inglese, che non a conoscere la gittata della testata atomica RS-28 Sarmat (18’000 km) o la sua potenza nucleare (750 chilotoni, pari a circa 40 volte quella della bomba di Hiroshima). Un solo Satan 2 (così viene chiamato in gergo, questo “gioiellino”) potrebbe annientare… la Francia. E se davvero fosse “solo” un gioco? La versione neo-priapesca del “chi ce l’ha più lungo”, commutata nel più orwelliano “chi fa più paura alle greggi”? Mi piace pensare che sia così.

Ma non siamo tutti così, certo che no! Molti di noi siamo “illuminati”, certo! Molti di noi si dedicano infatti alle pur nobili battaglie in difesa di verità e giustizia. O del clima. O dell’etica pubblica. Battaglie che però, il più delle volte, si risolvono esclusivamente in una azione… mediatica. Di sensibilizzazione civica, certo. Ma di totale inutilità pratica. Quindi, effimere. Funzionali esclusivamente a guadagnarsi un consenso mediatico, nella valuta universale chiamata like.

Ci stiamo avvicinando (sì lo so, è un post lungo; ma il precedente post del blog risale a gennaio 2023, oltre un anno fa). Altre due o tre pillole blu, prima:

  • Una decina di giorni fa, ricevo la telefonata di un caro amico (un membro della Tribù di RICERCATI). Mi chiede: “Scusa… una curiosità: ma quanto tempo ci hai messo a scrivere quel post del Non è che non veda? Perché è bellissimo… io ci avrei messo due giorni, e non mi sarebbe venuto così bene!” Gli rispondo dicendogli la verità: “Una decina di minuti, direi. Erano tutte “insofferenze” che avevo già bene in testa… si è solo trattato di raccoglierle, ordinarle e dar loro una forma più o meno poetica.” Un bel pieno di serotonine, qualche altra chiacchiera e… saluti.
  • Stamattina, il CEO di una importante azienda si congratula con me per il mio post di qualche giorno fa, in cui racconto il mio contributo a RICERCATI. “Aria fresca prima di tornare a combattere in ufficio”, lo definisce. Altra serotonina, altre dopamine e… via: fuori e in giro per boschi.
  • Altri, infine, sono ancora più sfacciati: “Devi scrivere di più! Sei uno dei pochi rimasti che hanno ancora le idee chiare sul da farsi!” (Sorrido, rimandandoli al quasi-haiku del “Non è che non veda”.)

Capite dove voglio arrivare? Non mi costerebbe nulla assecondare tali richieste, al limite anche monetizzandole (sono certo che in molti pagherebbero, adesso). Ma non è questo il punto.

Il punto è… fare succedere qualcosa che ci faccia stare bene. Come sempre. Qualcosa che ci renda fieri di noi stessi. Fieri e… fiere (dove “fiere” non è l’aggettivo al femminile, ma un sostantivo). Come il giro nel bosco di stamani. O come liberare i propri istinti. Dovunque (e comunque) si de-sideri. Nell’ego, nel cibo, nei viaggi, nel sesso. Stessa identica cosa, in fondo. Si chiama qui ed ora. Sai che novità.

Ecco allora perché continuiamo a fare RICERCATI. Ed ecco perché sempre più persone si stanno avvicinando a questa esperienza. Non solo perché rivendichiamo quel gentile, ma perentorio, rifiuto di Chiara Ferragni, del Green-pass e delle foto ritoccate di Kate MiddleNonSoChè. No. Noi facciamo e diffondiamo RICERCATI perché rifiutiamo e respingiamo al mittente la nostra appartenenza a “Sapiens”, per aderire a qualcosa di infinitamente superiore.

Quando, durante una delle ultime edizioni, abbiamo donato le parole di Giordano Bruno alle acque del Fosso dei Mercanti, rese argentate dalla Luna piena. O quando senza preavviso Francesco ha interrotto il silenzio ipnotico sull’altopiano della Serretta, intonando a cappella Space Oddity e spingendola fino alla frontiera della Via Lattea. O quando abbiamo pianto insieme e ci siamo arrabbiati insieme e abbiamo riso insieme, durante il cerchio della domenica. O quando Matteo ha fatto danzare i nostri polpastrelli, poi le nostre falangi, poi dita intere, poi mani intere, poi braccia e tutto il resto intero, sulle note di qualche sinfonia sconosciuta. O quando qualcuno o qualcosa ha mescolato Talismani e Intenzioni, gettando qualcuno o qualcosa in un’entropia mai più sedata. O quando mani intere e braccia intere e anime intere si sono cercate e trovate tra gli inequivocabili fruscii muscolari di rovi secchi a pochi centimetri da noi. O quando quei fruscii muscolari si sono materializzati davanti a noi e la Paura ha consacrato la nascita di nuovi guerrieri.

Capite allora a cosa convergono le risposte a tutte quelle domande di prima? Quella che stiamo attraversando non è dissonanza cognitiva di massa (sarebbe persino rincuorante…). E’ una rimozione di massa. Che però noi non assecondiamo.

Perché noi, nel marsupio di RICERCATI, non avvertiamo alcuna dissonanza. Bensì una splendida risonanza. E non rimuoviamo proprio un bel niente. Perché… ci passiamo in mezzo.
Furtivi.
Ma sorridenti.

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